giovedì 24 marzo 2011

I bambini e l’importanza del dialogo


Ho sempre amato il calcio ma per vari motivi, come spesso accade a tanti, non ho avuto la possibilità di continuare a puntare in alto ma, nonostante tutto, nulla e nessuno mi hanno mai vietato di sviluppare qualcosa per rimanere nell’ambiente del mio sport preferito.
Allenare è stata la migliore alternativa!
La mia passione mi ha sempre portato a lavorare con le fasce di età più giovani, l’entusiasmo di insegnare il calcio e il mio carattere mi hanno portato ad ottenere parecchie soddisfazioni con i bambini e, in tutta sincerità, le uniche note negative sono arrivate (e arriveranno spesso) dagli adulti che ruotano intorno ai giovani.
Non sempre, però, le colpe responsabili dei fallimenti o dell’abbandono di uno sport sono da addebitare ai genitori. Spesso questi ultimi sono chiamati in causa come principali fattori determinanti e demotivanti per lo sviluppo dei giovani.
In questo semplice appunto desidero invece concentrare la mia attenzione al grado di preparazione di parecchi “coaches”. Non è una rarità sentire consigli provenire da bordo campo come “attacca lo spazio” o “temporeggia” e altrettanto spesso non smetto di stupirmi nel vedere i bambini che si voltano verso l’allenatore con aria interrogativa perché non ne capiscono il linguaggio.
Penso che, innanzitutto, allenare fasce di età giovani richieda, oltre all’entusiasmo di ognuno di noi,  una naturale predisposizione all’insegnamento regalataci da “madre natura” e che è composta da pazienza, interesse ad ascoltare e da un po’ di spirito bambino da parte nostra.
Tali caratteristiche comportamentali le conosciamo tutti ma spesso le diamo per scontate e ci preoccupiamo esclusivamente delle nostre soddisfazioni o delusioni per i risultati ottenuti dai nostri giovani.
L’amore per lo sport deve spingere un buon coach a migliorare le proprie conoscenze sia a livello tecnico-tattico ma, soprattutto, quando si lavora con i giovani a sviluppare la scienza del comportamento e la psicologia del bambino.
Noi adulti ricordiamo fin troppo facilmente le cose “negative” che odiavamo da piccoli, chi non ha mai avuto a che fare con insegnanti noiosi, allenatori antipatici che sapevano solo urlare o genitori che ci sgridavano per non esserci impegnati a sufficienza?
Come coach noi dobbiamo tenere presente che un bambino deve essere educato a rispettare le regole base della civile convivenza sia dentro che fuori dal campo di gioco ma dobbiamo rispettare innanzitutto la voglia di giocare di un bambino e sviluppare la loro voglia di impegnarsi durante l’esercizio fisico. L’insieme di queste attività deve prescindere dalla nostra sete di vittoria e dobbiamo impegnarci a comunicare con i nostri ragazzi, conoscere le loro esigenze, le loro paure e i loro dubbi.
E’ bello sentirsi apprezzati per il nostro modo di pianificare un allenamento divertente e costruttivo ed è anche bello fare da “ancora di salvezza” per i problemi che ogni bambini porta dentro di sé. Penso che questa sia la nostra vera vittoria.
Non dimentico mai che, come coach, io sono il modello di riferimento del bambino e un approccio basato su urla e critiche  di fronte alla loro naturale fatica per apprendere un nuovo gesto tecnico, a loro sconosciuto, ha l’effetto di generare un rifiuto a migliorarsi anche in futuro.
Ogni bambino racchiude in sé un potenziale inesauribile di serenità e voglia di divertirsi che nessuno di noi deve dimenticare e, dare per scontato tutto questo, allontana i coaches meno attenti dal loro unico scopo che è quello di aiutare un giovane a credere nei propri mezzi e ad avere fiducia nonostante le difficoltà che sono sempre in agguato.
Nonostante io sia italiano ed alleni in Italia penso che queste considerazioni siano senza confini. I bambini e i giovani sono uguali in tutto il mondo e la loro voglia di divertirsi, i loro problemi non cambiano.
Dipende solo da noi adulti, dal nostro comportamento e dal rispetto verso le esigenze altrui rendere gradevole, eccitante e fruttuoso l’approccio allo sport e al gioco che io continuo a reputare il più bello che esista.